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In questa pagina voglio dare un picco di rilievo a coloro che si son esposti al mondo con le loro arti e mestieri spronando i giovani a diventare “qualcuno da ricordare”

Gian Battista Vico (filosofo)

Vico nasce a Napoli il 23 giugno 1668 da Antonio e Candida Fasullo, sesto di otto figli.
Il padre Antonio, proveniente da Maddaloni, è un libraio, proprietario di una botteguccia sulla strada di San Biagio, sottostante l’abitazione. Nel 1686 il vescovo di Ischia Geronimo Rocca, fratello di Domenico, conobbe in una libreria di Napoli un giovane avvocato di nome G. B. Vico ed avendo avuto modo di apprezzare la sua vasta cultura gli propose l’incarico di istitutore per i suoi nipoti: Francesco, Saverio, Carloantonio e Giulia. Così sul finire del 1600 il castello di Vatolla ospitò per nove anni il filosofo. Vico fu
assiduo frequentatore del Convento della Pietà, per scambiare idee con i frati e per consultare la biblioteca del pio luogo. Secondo la tradizione popolare nel piazzale antistante l’edificio del Convento, all’ombra degli ulivi, il filosofo amava riposare, leggere e meditare. Tra le piante, ancora vive e vegete nonostante l’età plurisecolare, una di esse viene indicata dai paesani come l’ulivo del Vico. Il Vico restò a Vatolla, anche se non continuativamente, dalla fine del 1686 a tutto il 1695, facendo qui il maggior corso degli studi filosofici e la stesura della Scienza Nuova. Il grande pensatore ebbe con il villaggio che lo ospitava un rapporto amore-odio: a volte lo definiva “aspra Selva solinga arida e mesta” (Vico, Affetti di un disperato,1692) , altre volte come “bellissimo sito di perfectissima aria, dalla quale fu restituito alla salute ed ebbe tutto l’agio di studiare e gettare le basi della Scienza Nuova” (Vico, Autobiografia). Oltre ad immergersi nei suoi studi, il filosofo partecipa in qualche modo anche alla vita che si svolge nella corte baronale ed alle attività ad essa connesse. Il Vico nel 1693, il I ottobre, tiene a battesimo in Vatolla un bambino, certo Francesco Geronimo Boffo figlio di Francesco (maestro di canto) e nel 1690 è testimone in due atti notarili, insieme a due altri dipendenti dei Rocca, Antonio Magrino (maestro di ballo) e Francesco Maria Rossi. Nel 1695,l’8 aprile, è nominato in altri due atti come testimone, col titolo di dottore in Utroque, cioè laureato in tutti e due i diritti.
Nel 1693 pubblica la canzone “Affetti di un disperato”, d’ispirazione lucreziana, perché preda di un amore non corrisposto per la giovane <em>discepola</em> Giulia Rocca, figlia del Marchese, per la quale scriverà nel 1695 anche un epitalamio per le sue nozze con Giulio Cesare Mezzacane, Principe di Omignano. La passione non corrisposta per la giovane fanciulla è stata, per alcuni studiosi, il motivo del trasferimento del filosofo a Napoli ed anche perché il suo compito ormai era finito.
Rientrato nella sua città nel 1699, risultato vincitore del concorso presso l’Università di Napoli come docente di retorica, ottiene la cattedra con lo stipendio di 100 scudi l’anno. Nello stesso anno, il 2 dicembre, sposa Teresa Caterina Destito, che gli darà ben otto figli; e dalla piccola casa di via S. Biagio dei Librai 25, si trasferisce nel vicolo dei Giganti, sempre a Napoli. Già in Napoli nel 1701 ha ancora modo di interessarsi del suo allievo Saverio Rocca ma questa volta in modo drammatico e doloroso: il giovane era stato coinvolto nella congiura di Macchia. viene soffocata nel sangue la congiura detta della Macchia, promossa da nobili napoletani per trasformare il Regno di Napoli da provincia soggetta alla Spagna a Stato autonomo, governato da un figlio dell’Imperatore austriaco, ed il Vico la segue direttamente. Infatti
egli analizza, da studioso, anche le vicende politiche e storiche a lui contemporanee, come questa stessa congiura Avversato e criticato dai suoi contemporanei, Giambattista Vico, ha sostenuto fermamente e sempre senza cedimento o dubbio che l’uomo, come gli insegnano gli esperimenti, può conoscere a fondo solo quelle cose di qui sa ricostruirne la genesi e la formazione: “<em>verum et factum convertuntur</em>”. Di questo mondo della storia come creazione umana, realizzata dagli uomini nei
secoli, si possono e si devono cercare i principi costitutivi, le leggi che lo regolano. Ma per rintracciare ordini e leggi, bisogna fondare una scienza nuova, la scienza della storia, “una storia ideale eterna, sopra la quale corrono in tempo tutte le variazioni nei loro porgimenti, progressi, stati, decadenze e fini”. Questo l’impegno del filosofo fino alla sua morte. La “<em>Scienza Nuova</em>”, la sua opera fondamentale, in cui è racchiusa la sua dottrina filosofica nella sua interezza e complessità, lo ha impegnato per quasi tutta la sua vita. Il 23 gennaio 1744, nel cortile di un palazzo dei Gradini dei S.S.Apostoli,  si rumoreggiava intorno alla bara di un professore dell’università della città. Il motivo del contendere, nato già la mattina da una discussione nella casa dell’estinto, era che, sia i professori nell’università che i componenti dell’Arciconfraternita di S.Sofia di cui il morto era sodale, si arrogavano
il diritto di prevalere gli uni sugli altri, cioè reggere i fiocchi della coltre funeraria per poter camminare così in prima fila. Per questa insulsa lite i funerali che dovevano avvenire alle due del pomeriggio, alle quattro non erano ancora avviati poiché i confratelli, pensando forse di stancare i professori, arrivarono addirittura un po’ dopo le quattro, ma visto che costoro erano sempre lì ripresero, in modo incivile, la loro protesta credendo di costringere i colleghi del morto a cedere il passo e ad andare avanti. E siccome poi ai confratelli non andava bene nemmeno che al funerale partecipasse don Nicola Merola, amico e confessore del defunto, sproloquiando e proferendo minacce, spensero le candele e abbandonata la bara nel cortile se ne andarono. E così per i poveri familiari si aggiungeva dolore al dolore poiché si videro costretti a trasportare il corpo del defunto in casa e rimandare i funerali al giorno successivo. Ed il 24 gennaio, con la presenza dei professori, dei canonici della cattedrale e con gli onori di Conte Palatino, il funerale fu celebrato. Si chiudeva in questo modo la vita terrena di G.B.Vico, uno dei grandi ingegni nell’umanità. &nbsp;
Bibliografia: Antonio Malandrino- Vatolla. Dalle origini al 1900
Antonio Malandrino- G.B.Vico. Un ospite d’eccezione della terra di Vatolla
Approfondimenti : https://www.fondazionegbvico.it/

Prof. Malandrino Antonio

Nato a Vatolla (19.12.1929-21.08.2004) Professore di applicazione tecnica la scuola media di Grossetto, ha passato la maggior parte della sua vita alla ricerca della storia e delle origini del paese.
Grazie alle sue opere è possibile avere una memoria di tutto ciò che era Vatolla nei secoli passati. Bibiografia:
“Vatolla, dalle origini al 1900”
“Vatolla, un feudo del Mezzoggiorno tra XIX e XX secolo”
“G.B.Vico, un ospite d’eccezzione nella terra di Vatolla”

Padre Carmelo Corvo
Nato a Vatolla 01/03/1945-05/10/1997 ha effettuato diverse ricerche su Vatolla e sui paesi ad essa confinanti.
Bibliografia :
Castelcivita : note storiche (Salerno : Arci Postiglione , stampa 1995)
Il Convento della SS. Pietà di Vatolla (Teggiano : Istituto di Scienze religiose
Umberto L. Altomare , [1993])
Il Convento Francescano di Laurino : tre secoli di storia (Materdomini : Valsele
Tipografica stampa 1996)
I Frati Minori a Castelcivita dalla prima meta del Quattrocento alla seconda meta dell’Ottocento di : P.Teofilo M.Giordano ; P.Carmelo Corvo. (Castelcivita : stampa ,1992)
I Frati Minori a Padula dalla prima meta del Quattrocento alla seconda meta del Novecento : ricerca storica Padula : Convento di S. Francesco , stampa 1995
Gioi Cilento: il Convento di S. Francesco (Gioi Cilento : Associazione Culturale l’Atomo , 1995)
Il monastero di S. Sofia di Castelcivita (Castelcivita : Parrocchia di San Nicola di Bari , stampa 1995)

Alcune edizioni sono consultabili presso il Museo Vichiano a Vatolla

Padre Innocenzo Siggillino

Chissà perché quando un prete è un buon prete, si dice che non somiglia per niente ad un prete”.   (Pino Caruso)
Una delle personalità più significative per la nostra comunità, Padre Innocenzo Sigillino era uomo
di spirito oltre ad essere un grande uomo di Chiesa. Sin dal suo arrivo, ha dimostrato di essere disponibile e attento alle necessità e hai bisogni della Comunità di cui andava prendendo le redini. Tifoso dell’Inter, di cui non perdeva mai un incontro, non ha mai disdegnato una chiacchiera o una risata con le sue “pecorelle” di cui di certo era un buon Pastore. Grande appassionato di musica classica e corale, nel 2007
fonda il “De Vargas Chorus” formato da membri della comunità vatollese e non solo, accomunati dalla sua stessa passione. Il coro, di cui diventa Direttore e che oggi è ancora attivo, ben presto si trova a calcare i palchi di importanti manifestazioni corali e portare lustro alla Comunità che rappresenta. Altra sua passione era senza dubbio l’insegnamento, che portava avanti con entusiasmo e dedizione. Laureato in
Lettere, Padre Innocenzo insegna nelle Scuole Medie Inferiori e in quelle Superiori, materie quali Religione e Lettere, mentre presso l’Università degli Studi di Salerno, Storia Contemporanea, Storia dei Rapporti tra Chiesa e Stato e Storia del Mezzogiorno. Parroco di Vatolla per oltre 12 anni, è stato insignito del riconoscimento di “cittadino benemerito” dall’Amministrazione Comunale di Perdifumo. Innocenzo Siggilino O.F.M. nasce a Grassano (MT) il 3/12/1944 e muore a Rocca Cilento (SA) il 29.12.2011.
Ha al suo attivo le seguenti Pubblicazioni:
“Bernardino da Siena e l’Umanesimo cristiano”(Laureziana, Napoli,1986)
“Abozzi Inediti di Sermoni di Bernardino da Siena” (Massimo, Napoli, 1987)
“Nutrire il cuore e la mente – Istruzioni per l’uso” (Ed. La Ginestra,Capaccio,2006)
“Formazione dell’albero genealogico di tutte le famiglie del Cilento: Vatolla” (Mornigraf, Torchiara, 2009)
“Il Vico inedito… Appunti di un diario” (Edizioni Palazzo Vargas, 2007)
“Le mie origini… Nuclei familiari di Vatolla dal 1712 al 1980” (Edizioni Palazzo Vargas, 2007)
“Il Vico inedito… Appunti di un diario” (Edizioni Palazzo Vargas, 2006)
“Convento di San Francesco del Cilento”</strong> (Edizioni Palazzo Vargas, 2008)

Alcune edizioni sono consultabili presso il Museo Vichiano a Vatolla

Stefano Contente (poeta/scrittore)

Stefano Contente, nato ad Agropoli il 21 Aprile 1975, cresciuto a Vatolla da sempre ricercatore ed amante della sua terra natia. Da adolescente matura l’interesse e una spiccata sensibilità per la lettura e per la scrittura, una ricerca costante nella tradizione dialettale, accompagnata da un interesse ed un attaccamento genuino alla storia del Cilento, a partire dalle pratiche più semplici che lo caratterizzano dalla cultura sociale alla tradizione di carattere storico-linguistico. Inizia a scrivere poesie in lingua e dialetto, sia per assecondare questa sua continua ricerca sul dialetto come conoscenza della terra Cilento, sia come ricerca interiore, conoscenza di sé in triplice prospettiva. In effetti le tre raccolte di poesie dell’autore
Scripta Manent (2005)
Orlamari (2012)
Come Pietrenel (2016)
a cura della Pubblisfera Edizioni, evidenziano tre aspetti consueti della scrittura del poeta: l’espressione introspettiva, ci sono poesie che riguardano l’animo del poeta e ne riflettono i sentimenti suscitati dalla realtà prospettiva, esterna, quella espressa in altre poesie che interessano la visione circostante della terra in cui vive: il Cilento, e, riguardo ad esso, troviamo in altri versi l’aspetto retrospettivo , quello rivolto al passato di questo territorio, un escursus tra passato e presente, tra attualità e tempi andati marcati dalla
ricerca del poeta della parola dialettale, soprattutto quella ormai in disuso. In particolare la memoria gioca un ruolo fondamentale nell’animo di Stefano Contente, la memoria materiale ed immateriale, cioè racchiusa nella parola, e come si evince dalla sua ultima raccolta, il simbolo della “pietra” racchiude in sé questo duplice significato: le pietre di un muro a secco nell’immaginario del poeta come uno spaccato sociale solidale e compatto, la pietra portatrice di memoria storica per la sua resistenza nel tempo, proprio come la parola tramandata, soprattutto quella dialettale. Le parole dialettali come le pietre di un muro a secco della nostra meravigliosa terra Cilento: resistenti e preziosi bagagli di memoria storica che percorrono stagioni, profumi e colori tradotti in immagini poetiche.
“…Ngoppa a nu cuozzo te truovi, uardi u’ mari arréto Tresino e te
cummòglia i’ spalli a’ Stella. Tieni mill’anni e tti ppuorti bbuoni, respiri
l’aria bbona, u’ddicìa puro Vico, e mangi uoglio e fico.”
Per info: stefano.contente@gmail.com

Vincenzo Malandrino

Vincezo Malandrino della classe 1891 ha vissuto a Vatolla . Contadino, scrisse questo diario durante la guerra del 1915-1918. Lo scrisse mentre era in trincea, nei mesi che prese parte alla guerra nel 63° Regg,to Fanteria, e mentre era prigioniero. Non è stato pubblicato per una serie di raggioni, compresa quella di carattere finanziario. Non è stato presentato ad editori; forse avrebbe fatto colpo nel sapere che era opera non di un giornalista o di uno scrittore, ma di un contadino soldato che aveva la seconda elementare. Ora esce curato dal figlio, che ha lasciato inalterata l’espressione originale, perchè fosse conservata la freschezza del testo. Gli eventuali lettori potranno giudicare da soli la portata di un messaggio, che affida tutta la carica della sua importanza, alla autenticità della cosa vissuta.
Bibliografia:
Diario di un prigioniero (1981)

Orlando Ventimiglia

Personalità eclettica e versatile, Orlando Ventimiglia classe 1954, è un artista poliedrico. Nasce a Vatolla, ove tuttora vive e crea. Come Poeta, figura tra le – Voci del Cilento- con poesie in dialetto cilentano. ha pubblicato il libro di poesie “Pruni e Spini”, mentre a breve presenterà un nuovo capolavoro. Come -Maestro di pittura- inizia da autodidatta per poi presentare i suoi capolavori in 3 mostre significative: 1° Personale di pittura a Como 2° Personale di pittura a Lugano (Svizzera) 3° Personale di pittura a Vatolla.
A Vatolla è possibile visitare la sua galleria personale attiva dal 1996, dove critici d’arte del calibro di V.Sgarbi, F.Daverio, E.Vomini, hanno elogiato l’artista.
Maestro di sorbetteria- Antica arte di proporre il sorbetto artigianale in una maniera unica. Acqua, limoni, zucchero e l’ingrediente segreto fanno del sorbetto dei Ventimiglia una delle attrattive fondamentali dell’estate. Ad oggi è possibile gustarla esclusivamente durante le feste patronali e la festa dedicata alla Cipolla di Vatolla.
https://www.youtube.com/watch?v=-UP4ZRhnHCk